Le atmosfere di Antonioni rivivono a Ferrara

Spazio Antonioni
Palazzo Massari
corso Porta Mare 5
Ferrara
Uno spazio di memoria viva, di formazione, di scoperta, capace di rinnovarsi continuamente, in cui valorizzare il fondo che il Comune di Ferrara ha acquisito dal regista che a Ferrara era nato, all’interno dell’ex Padiglione d’Arte Contemporanea, appositamente ridisegnato dallo Studio Alvisi Kirimoto.

Un museo permanente dedicato a Michelangelo Antonioni in grado di rendere fruibile una selezione del fondo di oggetti e documenti che il Comune di Ferrara ha acquisito direttamente dal regista e da Enrica Fico. Quest’archivio (www.archivioantonioni.it), costituito da oltre 47.000 pezzi, catalogato in collaborazione con Università di Ferrara, Università eCampus e Regione Emilia-Romagna, costituisce una testimonianza unica dell’orizzonte estetico e intellettuale di Antonioni, che permette di addentrarsi nel suo cinema e, più in generale, in tutta la sua attività, anche quella critica, letteraria e artistica: film, manifesti, sceneggiature originali, fotografie di scena, disegni e dipinti di Antonioni, la sua biblioteca e la discoteca privata, i premi e l’epistolario intrattenuto con i maggiori protagonisti della vita culturale del secolo scorso. Questo patrimonio viene arricchito da sequenze dei film di Antonioni e dal confronto con opere visive che l’hanno ispirato, a partire dal lavoro di maestri italiani quali Giorgio Morandi, Filippo de Pisis o Alberto Burri.

 

Il progetto museologico

Il progetto museologico, a cura di Dominique Païni, già direttore della Cinémathèque Française e del dipartimento culturale del Centre Pompidou, è stato sviluppato, d’intesa con Vittorio Sgarbi e in sinergia con Enrica Fico Antonioni, dal Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara e dalla Fondazione Ferrara Arte. Il racconto si sviluppa cronologicamente esplorando le stagioni del cinema di Antonioni lungo tutto il secondo Novecento, dal tramonto del Neorealismo alla cosiddetta “trilogia della modernità”, dalle pellicole angloamericane testimoni dell’esplosione della cultura pop e hippy al ritorno alle origini e alla tradizione artistica italiana e ferrarese. Una divisione in aree tematiche adatte a un pubblico eterogeneo di turisti, cineasti, studenti e semplici appassionati.

 

Il progetto allestitivo

Situato in un’area strategica della città, caratterizzata da complessi culturali di rilievo come Palazzo dei Diamanti, Spazio Antonioni è ospitato in un padiglione storico di due piani di circa 300 mq l’uno, alle porte del Parco Massari.

Lo Studio Alvisi Kirimoto, che aveva collaborato con Michelangelo Antonioni nel 2006 per l’allestimento delle sue opere pittoriche nella mostra “Il silenzio dei colori” al Tempio Adriano di Roma, ha progettato il museo con la stessa attenzione al dettaglio e all’insieme che aveva il regista per il quale, come ricorda l’architetto Massimo Alvisi, “il modo in cui si attaccava il quadro era importante quanto il quadro stesso”.

La visita si articola in un percorso espositivo chiaro e dinamico, che ricorda uno dei piani sequenza di Antonioni. Se al piano terra il ritmo è scandito da cinque setti espositivi monolitici, che raccontano le varie sezioni, il primo piano è caratterizzato da un’estrema flessibilità.

Al progredire dell’esperienza corrisponde il climax cromatico dei setti espositivi in scala di grigio, che richiamano le atmosfere minuziosamente ricercate dal regista. Come ha spiegato l’architetta Junko Kirimoto, “la progressione cromatica nelle tonalità del grigio da un lato esalta il valore dinamico e spaziale dell’esperienza museale, dall’altro permette di definire dei momenti più raccolti di approfondimento e conoscenza”.

I setti espositivi che ritmano la sala del piano terra, uguali per forma e dimensione, definiscono i diversi ambiti del percorso museale e delineano due speciali corridoi visivi laterali. I cinque elementi monolitici mettono in dialogo medium differenti: pareti piene per appendere dipinti e manifesti si alternano a monitor integrati e ad ampie vetrine per l’esposizione di oggetti, documenti e foto.

La scelta di finiture fortemente materiche, come la resina dei pavimenti e la pietra lavica della scala, si combina con la grande attenzione per il particolare, che consente di valorizzare persino elementi tecnici come cerniere o piedi metallici di supporto, lasciati deliberatamente a vista.

Al primo piano, pannelli che ruotano e traslano permettono di modulare la grande sala in base alle diverse necessità funzionali del museo: spazio unico per proiezioni o conferenze, aule per workshop e laboratori, percorsi lineari che consentono il prolungamento dell’esposizione permanente, e ambienti modulari per gli allestimenti temporanei.

Seguendo la stessa logica del piano inferiore, anche le pannellature mobili del primo piano ospitano delle teche vetrate, e non celano, bensì esaltano i dispositivi meccanici sfruttati per la traslazione e la rotazione a 90°.

All’estremità di ciascun piano, sono state realizzate due salette immersive con attrezzature audio d’avanguardia, dedicate alla proiezione di film citati lungo il percorso.

 

L’intervento di restauro

Il restauro, oltre al progetto dell’acustica (Tommaso Pazzaglia) e degli impianti di climatizzazione e illuminazione (A.T.E.S.) studiati per la migliore fruizione e gestione del museo, ha compreso anche il rifacimento di parti strutturali (progetto Giuseppe Fabiano) come la scala, il solaio intermedio e i pilastri del piano terra, il recupero di elementi di finitura esterna come la risistemazione di tutta la copertura esistente e il ripristino completo della facciata del Padiglione e dell’edificio gemello.

 

Antonioni e Ferrara

Un altro tema centrale, analizzato all’inizio del percorso espositivo e riportato in ambito progettuale, è il legame del regista con la città di Ferrara. Per sottolineare questo rapporto, si è scelto di riaprire le bucature esistenti dell’edificio originale e di mettere gli interni del museo in diretta connessione con la città.

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