Oltre 120 fotografie in mostra a Torino presso CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia raccontano il rapporto professionale e affettivo fra Robert Capa e Gerda Taro, interrottosi con la morte della fotografa in Spagna nel 1937. Fuggita dalla Germania nazista lei, emigrato dall’Ungheria lui, Gerta Pohorylle ed Endre – poi francesizzato André – Friedmann (questi i loro veri nomi) si incontrano a Parigi nel 1934, e l’anno successivo stringono un sodalizio artistico e sentimentale che li porta a impegnarsi nella fotografia e nella lotta politica. Insieme inventano la figura di un fotografo americano di successo, Robert Capa, alter ego con il quale André si identificherà per il resto della sua vita. Anche lei cambia nome e assume quello di Gerda Taro. Insieme spesso firmano con un’unica sigla gli scatti, senza che se ne possa distinguere l’autore.
L’anno decisivo per entrambi è il 1936: si muovono verso la Spagna, per documentare la guerra civile in corso tra i repubblicani e i fascisti; il mese dopo Robert Capa realizzerà il leggendario scatto del Miliziano colpito a morte, mentre Gerda Taro scatta la sua immagine più iconica, una miliziana in addestramento, pistola puntata e scarpe con i tacchi, in un punto di vista inedito della guerra fatta e rappresentata da donne. Le loro fotografie vengono pubblicate sui maggiori giornali del tempo, da “Vu” a “Regards” a “Life”, conferendo alla coppia una solida fama e molte richieste di lavoro.
La mostra si apre con una sala che introduce le figure dei due protagonisti anche grazie a alcuni estratti di due documentari ‒ The Mexican Suitcase (2011) di Trisha Ziff e Searching for Gerda Taro (2021) di Camille Ménager ‒ utili a fornire alcune chiavi di lettura utilizzate anche nella scelta delle opere esposte poi nelle sale successive. Dopo le immagini realizzate da Capa a Parigi, il percorso esplora la documentazione della guerra attraverso gli spostamenti e i focus dati da Capa e Taro, fino agli scatti che testimoniano la distruzione e la morte causata dal conflitto.
Arricchiscono la mostra alcuni provini della celebre “valigia messicana”, contenente 4.500 negativi scattati in Spagna da Capa e Taro e dal loro amico David Seymour. La valigia, di cui si sono perse le tracce nel 1939 ‒ quando Capa l’ha affidata a un amico per evitare che i materiali venissero requisiti e distrutti dalle truppe tedesche ‒ è stata ritrovata solamente a fine anni Novanta a Mexico City, permettendo di attribuire correttamente una serie di immagini di cui fino ad allora non era chiaro l’autore o l’autrice.