Con circa 80 dipinti a olio e opere su carta, la mostra ripercorre la carriera di Pietro Gaudenzi (Genova, 1880 – Anticoli Corrado, 1955), pittore di successo durante il ventennio fascista, oggi al centro di una progressiva riscoperta da parte della critica storico-artistica. Nel 1920 la vita di Gaudenzi è segnata tragicamente dalla morte della prima moglie Candida Toppi e del giovanissimo figlio Ruggero. La riflessione sulla virtù delle donne, prima vissuta con incanto, si fa più rigida e malinconica, in linea con il modello femminile promosso dal fascismo di una matrona forte e robusta, protettrice dei figli.
Dopo una breve introduzione con la Maternità, affiancata ai lati dall’Autoritratto dell’artista e da La mia scuola di Napoli, ha inizio il percorso espositivo, articolato in cinque sezioni. Ne “Gli affetti famigliari” è esposto Il quadro interrotto, ritratto della prima moglie e del piccolo Ruggero, non finito a causa delle loro premature morti: Gaudenzi ha aggiunto un’aureola sul capo della giovane donna, che prelude alla sezione successiva, riguardante “L’arte sacra”. Dopo aver raccontato il periodo di notevole successo a Milano, alcuni dipinti di piccole o medie dimensioni rappresentano la manifestazione più intima e autentica della creatività di Gaudenzi. Nell’ultima sezione della mostra sono esposti i cartoni preparatori degli affreschi per il Castello dei Cavalieri a Rodi. Tali affreschi, realizzati nel 1938, sono andati completamente perduti a causa di errori commessi dal pittore nella scelta dei materiali.
In tutto l’allestimento ricorre il grigio chiaro, se non per l’ultima sala, dove i cartoni preparatori sono accompagnati da una tonalità di marrone e – sulla parete di fondo – è riportata su grande formato una fotografia d’epoca, che permette al visitatore di vedere gli affreschi ancora integri sulle pareti della sede originaria.
Immagine di anteprima: Piero Gaudenzi, Maternità, 1932, Fondazione Cavallini Sgarbi.