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Titolo: Ezio Gribaudo. The Weight of the Concrete
Date: 23 marzo – 1° settembre 2024
Spazio espositivo: Museion – Museo d’arte moderna e contemporanea, piazza Piero Siena 1, Bolzano
Mostra a cura di: Tom Engels e Lilou Vidal, con Leonie Radine
Mostra promossa da: Museion – Museo d’arte moderna e contemporanea
Mostra prodotta da: Grazer Kunstverein, in collaborazione con Archivio Gribaudo di Torino e Museion – Museo d’arte moderna e contemporanea
Progetto di allestimento: Davide Stucchi (scenografia)
Multimedialità: Tomaso Binga, CAConrad, Bryana Fritz, Susan Howe e David Grubbs, Katalin Ladik, Hanne Lippard, Nat Marcus e Patrizia Vicinelli (opere sonore)
Ufficio stampa: Museion – Museo d’arte moderna e contemporanea – Mara Vicino; Lara Facco P&C, Milano – Lara Facco e Claudia Santrolli
Ingresso intero e ridotto: € 10 | € 7
Scenografia Gribaudo Bolzano, Cieli
© Luca Guadagnini, courtesy Archivio Gribaudo Torino, Davide Stucchi e Museion.

Ezio Gribaudo. The Weight of the Concrete

La mostra, il cui titolo fa riferimento al volume Il peso del concreto (nel 1968 presentava i primi lavori grafici di Ezio Gribaudo insieme a un’antologia di poesia concreta curata da Adriano Spatola), celebra il genio creativo dell’artista ed editore torinese. La scenografia del percorso espositivo, curata da Davide Stucchi, riecheggia e amplifica i lavori interdisciplinari di Gribaudo, avvalendosi di oggetti “ready-made” e di materiali industriali. In accompagnamento alla mostra alcuni contributi sonori sulla vocalizzazione della poesia sperimentale (“The Weight of the Tongue”) intendono completare l’opera del 1968 e rendere omaggio alla poliedrica carriera di Gribaudo, come artista e come editore.

 

La scenografia di Davide Stucchi

Le prime due sale sono dedicate ai Logogrifi (combinazione di logos, “parola”, e griphos, “enigma”), opere caratterizzate da forme in rilievo prima realizzate unicamente su carta assorbente, poi su lastre bianche goffrate di polistirene espanso e infine su pannelli di legno di tiglio, definibili – secondo lo stesso Gribaudo – a metà tra leggibilità e astrazione. Nella scenografia ideata Davide Stucchi da una parte ha impiegato il polistirene (usato in genere per i pannelli che riflettono la luce negli studi dei fotografi di moda), che accentua l’acromatismo dei Logogrifi, e dall’altra alcuni semplici tubi LED che ne intensificano la luminosità e ampliano il rimando tra luce e ombra, mettendo in evidenza gli aspetti latenti e più scultorei delle opere di Gribaudo. Evidente inoltre l’allusione al titolo della mostra nell’utilizzare dei blocchi di cemento (“concrete” in inglese) come basi per esporre i Logogrifi in legno.

Con i Cieli (1974-1975), raffigurazioni di linee d’orizzonte o di fenomeni nell’etere, avviene il passaggio al colore, ispirato dai progressi tecnologici nell’ambito della stampa offset: le opere di Gribaudo – sospese a supporti meccanici generalmente utilizzati per orientare la posizione degli schermi televisivi – dialogano con l’installazione di Davide Stucchi, composta da tende di perline, che suggeriscono una coreografia di transizione tra il dentro e il fuori, che coinvolge sia il corpo sia lo sguardo.

L’ultima sala è dedicata alle opere della serie Flano (1961), nelle quali l’artista effettua interventi su alcuni flani (stampi di carta usati per la fusione delle lastre stereotipiche), in modo da rendere il testo immagine e l’immagine linguaggio: Stucchi ha ricoperto di moquette tutti gli elementi dello spazio, dal pavimento ai supporti espositivi, riproducendo l’atmosfera dello studio torinese di Gribaudo, tappezzato di libri dal pavimento al soffitto.

Immagine di anteprima: © Ezio Gribaudo, Logogrifo, 1966, stampa in rilievo, 60 x 47 cm. Courtesy Archivio Gribaudo.

© Design People Soc. Coop.

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