La mostra presenta oltre 200 fotografie in bianco e nero, affiancate da sculture, documenti e oggetti appartenuti a Brassaï, artista ungherese naturalizzato francese: i suoi scatti raccontano la realtà di Parigi intorno agli anni Trenta, dai quartieri operai ai grandi monumenti simbolo, dalla moda ai ritratti degli amici artisti (Picasso, Dalì, Jacques Prévert, Samuel Beckett, Alberto Giacometti), fino ai graffiti e alla vita notturna. Il titolo della mostra fa riferimento al soprannome attribuito a Brassaï dallo scrittore statunitense Henry Miller: “Brassaï è un occhio, un occhio che vive”.
Philippe Ribeyrolles, curatore della mostra e nipote di Brassaï, ha ideato un percorso espositivo in nove sezioni (omaggio al numero a cui era affezionato Brassaï, nato il 9/9/1899 alle 9 di sera), scegliendo di organizzare le fotografie non in ordine cronologico, ma secondo un principio di coerenza visiva. In un allestimento dai colori sfumati e sotto un’illuminazione che evidenzia le opere nel contrasto tra luce e ombra, gli scatti, perlopiù originali stampati dallo stesso Brassaï, sono tutti di piccolo formato e – talvolta – sono disposti volutamente in modo non lineare. Nella sezione dedicata alle fotografie di muri e di graffiti, un pannello riproduce su grande formato lo scatto di una strada di Parigi negli anni Trenta, davanti alla quale il visitatore può farsi fotografare in un ludico ritorno al passato: secondo le parole di Philippe Ribeyrolles, “Brassaï avrebbe adorato questo piccolo gioco con i visitatori”.
Immagine di anteprima: dettaglio da Brassaï, Couple au bal des Quatre Saisons, rue de Lappe, 1932, stampa vintage montata su masonite, 49,7×40,5 cm. © Estate Brassaï Succession-Philippe Ribeyrolles.