La mostra analizza i vari e complessi modi in cui il regime fascista influì sulla produzione figurativa italiana, utilizzando a fini propagandistici i linguaggi dell’arte e dell’architettura. Tra pittura, scultura, documenti e materiali d’archivio, il percorso espositivo si snoda tra 400 opere di artisti attivi durante il ventennio fascista, quali Mario Sironi, Carlo Carrà, Adolfo Wildt, Arturo Martini, Marino Marini, Massimo Campigli, Achille Funi, Fortunato Depero, Thayaht e Renato Bertelli.
Otto sezioni cronologiche e tematiche scandiscono la visita. “Novecento italiano” è dedicata a Margherita Sarfatti, figura centrale nella promozione delle arti in Italia durante gli anni Venti. “L’immagine del potere” approfondisce l’iconografia del duce tra celebrazione del capo e diffusione del mito. Dopo la sezione “Futurismo, celebrare l’azione”, vengono approfondite l’arte monumentale, l’architettura e il controllo del fascismo sull’arte tra la propaganda e le varie manifestazioni artistiche organizzate dal regime. Infine, “La caduta della dittatura” rappresenta la fine di un’era tra iconoclastia, satira e dramma.
Nell’allestimento l’alternanza del verde menta e del beige chiaro caratterizza buona parte dell’itinerario della mostra. In chiusura del percorso espositivo è esposto il busto bronzeo di Mussolini di Adolfo Wildt, danneggiato dai partigiani nei giorni della Liberazione: alle sue spalle sono collocati i volumi della prima Enciclopedia Treccani (pubblicata tra 1929 e 1937), in un contrasto che cerca di proporre una visione depoliticizzata sull’arte del periodo fascista.
Secondo le parole di Vittorio Sgarbi, presidente del Mart e ideatore della mostra: “nell’arte non c’è fascismo e nel fascismo non c’è arte”. Il percorso della mostra è accompagnato da radio d’epoca, che riproducono brani scritti da alcuni musicisti italiani durante la loro prigionia nei campi di concentramento nazisti.