Se già nel nome “Ai” Weiwei era destinato a confrontarsi con l’intelligenza artificiale, la domanda “Chi sono io” è quella che ha costretto l’A.I. ad affermare di non essere in grado di dare una risposta univoca. “La domanda ‘Chi sono io’ approfondisce l’identità personale e l’indagine esistenziale. Spinge le persone a riflettere sulla propria autoconsapevolezza, sui valori, sulle esperienze e sui fattori che definiscono il proprio senso dell’essere. Si tratta di una domanda filosofica e introspettiva con risposte soggettive”.
La mostra a Palazzo Fava, prodotta da Fondazione Carisbo nell’ambito del progetto culturale Genus Bononiae e realizzata da Opera Laboratori con il supporto di Galleria Continua, si ispira proprio a questo confronto, riflettendo sul tema del progredire facendo errori come capita a noi umani o fornendo errori come succede all’intelligenza artificiale, sottolinea Weiwei. Oltre 50 opere tra grandi installazioni, sculture, video e fotografie accompagnano il visitatore all’interno dello storico palazzo bolognese rispecchiando la tensione tra tradizione e sperimentazione, conservazione e distruzione che fa parte dell’universo creativo dell’artista e attivista cinese.
La carta da parati che decora la biglietteria e il bookshop al pian terreno è opera di Ai Weiwei, così come l’omaggio a Bologna all’ingresso dell’esposizione con una Natura morta di Giorgio Morandi rifatta con i mattoncini LEGO®, materiale che l’artista ha imparato a conoscere come gioco del figlio e che utilizza dal 2014 per riprendere ironicamente alcune opere della tradizione pittorica occidentale. Un linguaggio che, come precisa il curatore Arturo Galansino, “si basa su pixel, digitalizzazione, segmentazione, frammentazione e disconnessione”, ancora una volta “collegando la comprensione del passato con le aspettative moderne”. Una ulteriore testimonianza della versatilità della ricerca dell’artista.
Le opere esposte riprendono argomenti come la libertà di espressione e di informazione, i diritti umani e civili, le migrazioni, le crisi geopolitiche, i cambiamenti climatici, invitandoci a riflettere su temi universali come la libertà, la giustizia, la memoria e la resilienza.
Tra queste Left Right Studio Material che denuncia la persecuzione subita dall’artista in patria: un tappeto blu composto da frammenti di opere in porcellana come Bubble provenienti dalla distruzione nel 2018, ad opera del governo, dello studio Left/Right di Ai Weiwei a Pechino.
Lungo lo scalone che porta alle sale espositive si è sovrastati da alcune sculture-aquiloni che raffigurano gli animali fantastici tratti dal bestiario del Classic of Mountains and seas, il più antico testo mitologico e geografico cinese, risalente al III secolo a.C., opere che si confrontano con le serie mitologiche degli affreschi che decorano il palazzo. Sono realizzate con bambù, carta di riso e seta e invitano a riflettere sulla storia e sull’antichissima identità culturale cinese, quasi spazzata via dalla Rivoluzione Culturale, e rimandano alla Cina attuale che crea “mostri” per controllare la popolazione.
Il secondo piano della mostra è ampiamente dedicato alle migrazioni nel Mediterraneo. La carta da parati Odissey, composta in fregi come vasi attici, rappresenta le difficili esperienze dei migranti. Evidente il parallelismo che si crea tra le vicende narrate nell’Eneide raffigurate sulle pareti di Palazzo Fava e le attuali crisi migratorie. L’esodo dalle guerre e la ricerca di una nuova patria sono temi ricorrenti nella storia umana.
Immagine di anteprima: particolare di una parete dedicata al tema delle migrazioni contemporanee ricoperta dalla carta da parati “Odissey” su cui sono esposti alcuni piatti di porcellana bianca e blu della tradizione cinese con disegni sullo stesso tema