Se le “Stazioni dell’arte” della metropolitana di Napoli ci avevano già dato indicazioni positive sulla fruizione dell’arte contemporanea fuori dai luoghi della cultura deputati, avvicinando un pubblico più ampio alle opere d’arte, il binomio trasporto pubblico – arte contemporanea si conferma a Roma alla stazione Vittorio Emanuele della metro A.
L’installazione
In occasione della riaperta dopo alcuni mesi di lavori, il grande atrio è stato completamente trasformato dall’opera site specific Prospettiva comune (2024) dell’artista altoatesina Esther Stocker che rimarrà fruibile fino a dicembre 2024.
Oltre 8000 metri di nastro adesivo nero, su sfondo bianco, ricoprono pareti, soffitto, pilastri e dispositivi di accesso secondo un fitto sistema di linee ortogonali e una serie di elementi geometrici, ancorati al soffitto e disposti a terra lungo le navate laterali di questa “cattedrale metropolitana”, intensificano l’effetto di moltiplicazione dei piani che intercettano lo sguardo dei passanti. La marcata struttura della griglia trasforma completamente l’aspetto dell’ambiente, producendo un movimento prospettico di superfici orizzontali e verticali.
L’iniziativa nasce dalla collaborazione tra il Maxxi e l’azienda di trasporto pubblico Atac nell’ambito della mostra “Ambienti 1956 – 2010. Environments by women artists II”, a cura di Andrea Lissoni, Marina Pugliese e Francesco Stocchi, aperta al pubblico fino al 20 ottobre 2024, e rientra nel piano di riqualificazione delle fermate della metropolitana romana.
Lo spirito della mostra è far interagire le opere ambiente, tridimensionali e immersive, con il pubblico e un luogo attraversato da migliaia di persone come una stazione ben si presta per collocare proprio una di queste opere che vengono completate dalla presenza umana.
L’artista
Nata nel 1974 a Silandro, Esther Stocker è riconosciuta per le sue pitture e grandi installazioni caratterizzate da uno stile astratto e geometrico e per l’uso di una palette limitata al nero, bianco e grigio. Una “geometria esistenziale”, come ama definirla l’artista, secondo la quale “queste forme astratte sono interessanti per noi perché hanno sempre una dimensione sociale”.
Al centro della sua ricerca pone la percezione e la capacità sensoriale dell’osservatore che, entrando in relazione con lo spazio circostante e le sue alterazioni, diventa elemento indispensabile per completare l’opera stessa e cogliere l’ambiguità e l’incertezza del sistema suggerite dall’artista.