Un percorso espositivo di ricerca fra arte, scienza e tecnologia

Titolo: Dall’origine al destino
Date: 8 febbraio – 30 giugno 2025
Spazio espositivo: Centro Arti e Scienze Golinelli | Opificio Golinelli, via Paolo Nanni Costa 14, Bologna
In occasione dell’apertura della nuova mostra di Fondazione Golinelli abbiamo incontrato Antonio Danieli, vice presidente e direttore generale della Fondazione tra i curatori dell’esposizione, e l’architetto Simone Gheduzzi di diverserighestudio che ne ha curato l'allestimento.

“Dall’origine al destino”, aperta a Bologna negli spazi del Centro Arti e Scienze Golinelli, invita a riflettere sui momenti salienti dell’evoluzione culturale e tecnologica – dalla comparsa dell’uomo sulla Terra all’avvento dell’Intelligenza Artificiale – ponendo l’accento sulle nostre capacità di orientamento rispetto alla velocità dello sviluppo della tecnica. Un progetto, curato da Andrea Zanotti, Antonio Danieli, Luca Ciancabilla e Simone Gheduzzi, che esplora la dimensione universale e soggettiva del progresso della cultura umana tra arte, scienza e tecnologia.

 

La mostra

“Una mostra sperimentale” come l’ha definita uno dei curatori Luca Ciancabilla, docente del Dipartimento di Beni culturali dell’Alma Mater, in cui sono esposti oltre 150 opere, oggetti e reperti provenienti da 50 tra musei, istituzioni culturali e collezioni private. “Sperimentale proprio perché può essere letta su più piani, visivi e storici, che talvolta procedono in parallelo, a volte si intersecano, ma sempre stimoleranno la riflessione”.

 Ad Antonio Danieli, vice presidente e direttore generale della Fondazione Golinelli e co-curatore dell’esposizione, abbiamo chiesto: come nasce questa mostra e quale è il suo obiettivo?

“Dall’origine al destino” (2025) rappresenta la conclusione di un percorso di ricerca durato sei anni e il compimento di una trilogia con le precedenti “U.Mano” (2021) e “Oltre lo spazio oltre il tempo” (2023).

La necessità di questo processo ha portato alla luce e sancito inequivocabilmente gli architravi fondamentali della visione culturale della Fondazione Golinelli per il futuro (arte, scienza e tecnologia; sapere e saper fare; passato, presente e futuro, immaginazione, ricerca, creatività, innovazione e passione; mente e corpo), partendo da una esigenza di riflessione in virtù del momento storico che viviamo. Da un lustro almeno le diverse transizioni (ecologica, tecnologica, geo-politica, economico-finanziaria, socio-economica, demografica), la pandemia e le oltre 50 guerre disseminate nel mondo ci stanno facendo vivere una fase simile ad altre già vissute in passato, in prossimità di faglie della storia prodromiche a salti di civiltà. Il turbamento contemporaneo e il disorientamento attuale dell’essere umano meritano una riflessione e la mostra suggerisce di ri-appropriarsi di un approccio trascendentale, o quantomeno di non abbandonare la dimensione metafisica, di tornare ad appellarsi ai poeti e agli artisti per immaginare il futuro; e, infine, ci propone di disconnetterci – almeno per il periodo della visita – dalla potenza della tecnologia al fine di riappropriarci del suo lato umano, non dimenticandoci che si tratta di un mezzo e non di un fine. Il destino della mostra è quello di offrire ai visitatori umili suggerimenti per intimi accorgimenti volti a ricomporre per ognuno di noi – almeno per un momento – Kronos e Kairos.

La Fondazione Golinelli è una mosca bianca all’interno del “sistema delle mostre d’arte in Italia”, vi si opera con una visione e si ambisce a concretizzare un’idea intellettuale ben riconoscibile, ma chi ve lo fa fare?

Il senso di responsabilità. E cultura è responsabilità.

Il Fondatore, Marino Golinelli, ha fortemente voluto che questa istituzione operasse soprattutto per le giovani generazioni e, più in generale, per la crescita di una società della conoscenza, in una ottica ultra decennale. Una visione di lungo periodo volta al progresso, e non al mero sviluppo.

Le mostre di arte e scienza (e tecnologia) rappresentano per la Fondazione un laboratorio di ricerca euristica, attraverso cui è possibile coinvolgere – come se si fosse in una antica accademia – un ampio novero di istituzioni culturali e scientifiche, pubbliche e private, e artisti, scienziati, studiosi, umanisti, filosofi, giuristi, poeti, innovatori e imprenditori, ancora prima dei discenti.

La Fondazione, tra le altre attività, ogni anno effettua attività formative con e per 100.000 ragazzi e ragazze in tutta Italia – contati più di un milione e mezzo di persone solo dal 2009 in poi – e circa 30.000 insegnanti per anno.

Le domande di fondo sono: perché la Fondazione fa ciò? E siamo sicuri che stia formando questi giovani in maniera adeguata e per ciò che servirà loro davvero per il futuro della loro vita?

Queste domande sono l’innesco della responsabilità e le mostre rappresentano una parte del nostro agire per le risposte che andiamo cercando: tutto ciò per dare un nostro contributo alla società.

 

L’allestimento

Il progetto di allestimento è partito dal dare forma al concetto di velocità applicato allo sviluppo della tecnica nel corso dei secoli e alle sue accelerazioni.

A Simone Gheduzzi, architetto di diverserighestudio e co-curatore dell’esposizione, abbiamo chiesto: allestire una mostra è “fare architettura”? Quale è il ruolo dell’illuminazione?

Allontanandoci dalle definizioni che diminuiscono le possibilità ed entrando invece nel particolare di questa mostra ritengo che l’allestimento realizzato sia una vera e propria architettura; esso, infatti, non svolge solo la funzione di mettere in scena le opere secondo un determinato ordine ma organizza lo spazio permettendo al visitatore di entrare al suo interno: lo spazio diviene luogo e assume la forma di una spirale. Ed è proprio nell’attraversarla che il fruitore sente l’accelerazione, la frequenza sempre più serrata delle scoperte che sono state fondamentali per il progresso dell’umanità. Per ottenere tale esito abbiamo scelto con l’architettura di aderire alla parola che rappresenta il pensiero, ossia se ne riconosce la madre esattamente come accadeva nell’età classica. Vale per l’architettura come per la luce, esclusivamente l’indispensabile.

La scacchiera, il bianco e il verde, può spiegarci questa scelta?

 La metafora del gioco degli scacchi ci ha permesso di vedere in prospettiva, accogliendo le assonanze nell’infinito temporale proposto dai contenuti della mostra e indicando una estetica che ponesse in vicinanza sia l’origine, sia il destino; tale gioco ha origine antica e la sua tradizionale narrazione si fonda su una leggenda che vede protagonisti il destino di due fratellastri indiani, Gav e Talhend, che hanno origine dalla stessa madre regina e destinati a combattere per contendersi il trono. Tale relazione include l’accettazione del concetto di perdita e il pensare strategico, caratteristiche presenti in ogni concreta ricerca che ha portato l’uomo a scoperte che hanno rivoluzionato la vita di noi tutti. Per questo la scelta del verde al posto del nero nella scacchiera che si fa spirale: la mostra/installazione è densa di futuro.

L’installazione

Conclude il percorso espositivo il T-Simmetry, il tunnel a “cronologia inversa” ideato e realizzato da Fondazione Golinelli. Grazie alle tecnologie più avanzate, il pubblico si avventura in un viaggio interattivo ed esperienziale a ritroso nel tempo, ripercorrendo simbolicamente le tappe fondamentali della propria esistenza, come se il “nastro” della vita di ognuno venisse riavvolto. L’installazione consente ai visitatori di distaccarsi dalla dimensione collettiva della civiltà, presente nella prima parte della mostra, e di abbandonarsi a una ricerca personale e interiore, accompagnati dai versi inediti e originali dei poeti Milo De Angelis e Gian Ruggero Manzoni, a cui dà voce l’attrice Viviana Nicodemo.

 

© Design People Soc. Coop.

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