L’ultimo meraviglioso minuto. Incontro con Pietro Ruffo

In occasione della mostra "L'ultimo meraviglioso minuto" presso Palazzo delle Esposizioni a Roma, abbiamo incontrato l'artista Pietro Ruffo. L'uomo è invitato a riflettere sulla sua sopravvivenza nel pianeta, ma anche ad apprezzare i suoi raggiungimenti straordinari, conseguiti in così breve tempo.

Come è nato il progetto della mostra?

All’inizio, la mostra era stata pensata come un excursus sui miei lavori più importanti, da allestire nelle sale al piano superiore di Palazzo delle Esposizioni. In seguito, Marco Delogu e Ivana Della Portella, presidente e vicepresidente di Azienda Speciale Palaexpo, hanno deciso di cambiare la collocazione della mostra, trasferendola nella grande sala al piano nobile e nelle tre stanze adiacenti. La sala principale (ca. 400 mq; h 7,5 m), la più ampia di Palazzo delle Esposizioni, ha rappresentato la sfida più impegnativa. Insieme al curatore Sébastien Delot (direttore responsabile delle collezioni del Musée Picasso di Parigi), ho capito di dover “risolvere” lo spazio con un importante gesto artistico, realizzando nuove opere site-specific.

Come ha organizzato il rapporto tra le opere e lo spazio nella sala principale?

Dal momento che le pareti espositive arrivano fino a 4,8 m di altezza, lasciando dunque uno spazio vuoto di 2,7 m, ho ideato un sipario che si estende fino al soffitto e avvolge quasi tutta la stanza, così da creare una realtà immersiva. Su questo tendaggio è riprodotto su vasta scala un mio disegno a penna, che rappresenta una foresta primordiale, antica di 50 milioni di anni. Quasi come se fosse sospesa sullo sfondo del sipario, ho collocato una sequenza di sette piccoli quadri, che dà il nome alla mostra. “L’ultimo meraviglioso minuto” fa riferimento, in primo luogo, al periodo di esistenza dell’Homo sapiens: come afferma la paleoarcheologa Rebecca Wragg Sykes, “se riduciamo i 13,8 miliardi di anni dell’universo a un periodo di dodici mesi, i primi Homo sapiens arrivano solo pochi minuti prima dei fuochi d’artificio di Capodanno”. D’altra parte, “minuto” è anche un gioco di parole, che fa riferimento alle dimensioni ridotte di questi quadri.

Invece, al centro della sala vi è Le Monde Avant la Création de l’Homme, installazione che riprende il titolo del libro dell’astronomo francese Camille Flammarion, pubblicato nel 1886. Con quest’opera, ho deciso di tagliare la stanza in diagonale, in modo da indurre il visitatore a non limitarsi a una visione frontale, ma a muoversi con curiosità per tutta la stanza. Questa installazione autoportante, alta 4 m e lunga complessivamente 21 m (10,5 m per ognuno dei due lati), rappresenta un paesaggio di canyon, solcato da ampie sagome nere di conchiglie fossili. Per questa struttura, ho deciso di lasciare l’apparato “scenico” a vista, come a creare un ulteriore strato “geologico-concettuale”, che rompe la quarta parete. Questa scelta trae ispirazione dalla “rottura” finale della scenografia del set televisivo in cui si ambienta il film The Truman Show. Attraverso la riflessione sul passato, diventa possibile trascendere il presente e immaginare visioni sul futuro dell’uomo e del pianeta. Nascosto da Le Monde Avant la Création de l’Homme, ho ideato un giardino di fossili vegetali, un omaggio ai laghi di ninfee dipinti da Monet. I supporti, in cui sono inserite queste piante primordiali, presentano altezze differenti, come a indicare l’appartenenza a strati geologici diversi.

Quali sono le motivazioni alla base della scelta dei colori?

In primo luogo, ne Le Monde Avant la Création de l’Homme ho recuperato la tonalità di arancione delle due colonne e delle due paraste all’ingresso della sala. In questo modo, ho reso l’ambiente parte dell’opera, come se rappresentasse un primissimo strato geologico. Per le sagome delle conchiglie fossili ho cercato di ottenere una tonalità di nero il più profonda possibile. Mentre il disegno è realizzato sopra al supporto cartaceo, il nero è dipinto direttamente sul legno intagliato: in questo modo, ho ottenuto un effetto di maggiore profondità. Per il sipario ho scelto una tonalità di blu, complementare all’arancione.

Quali scelte ha adottato per le tre sale successive, di dimensioni molto più ridotte?

Nelle prime due sale non occorrevano interventi particolari, dal momento che l’altezza delle pareti espositive risultava confacente alle proporzioni degli ambienti e delle opere. L’ultima stanza ospita la proiezione di una video installazione, che ho realizzato insieme alla società Noruwei: Il Giardino planetario. Il titolo dell’opera prende ispirazione dal pensiero del biologo francese Gilles Clément, per cui il pianeta è come un giardino in costante trasformazione. Le animazioni, realizzate da Noruwei sulla base dei miei disegni, portano lo spettatore ad attraversare le viscere della terra, in un viaggio verso l’alto. L’emersione finale è metafora dei raggiungimenti ottenuti dal genere umano nel suo “ultimo meraviglioso minuto”. Questa mostra vuole indurre l’uomo a riflettere non solo sulla sua piccolezza di fronte alla storia del nostro pianeta, ma anche sulla straordinarietà del suo breve percorso.

Lorenzo Paglioriti

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