Al Nordiska Museet di Stoccolma, la mostra “Arctic – While the Ice is Melting” (“Artico – Mentre il ghiaccio si sta sciogliendo”) affronta la questione del riscaldamento globale, raccontando la storia e il futuro della regione artica. L’esposizione, inaugurata nel 2019 e ancora in corso, è il risultato di tre anni di lavoro preparatorio sotto la guida di Lotten Gustaffson Reinius, professoressa di etnologia dell’Università di Stoccolma. Durante questo periodo, il Nordiska Museet e lo studio MUSEEA, fondato da Serge Martynov e Sofia Hedman, hanno collaborato con quaranta ricercatori attivi nei territori artici, in modo da fornire una narrazione e un resoconto il più possibile accurati.
Il progetto ha portato anche alla realizzazione di un’antologia multidisciplinare, intitolata Arctic Traces: Nature and Culture in Motion (“Tracce artiche: natura e cultura in movimento”), pubblicata da Nordiska Museet nel 2020.
Nella crepa dell’iceberg
Il progetto allestitivo di studio MUSEEA si estende su circa 1.500 m2 e gioca sull’immagine della crepa, con riferimento non solo alle incrinature dei ghiacciai causate dall’aumento delle temperature, ma anche – metaforicamente – alla rottura del rapporto tra uomo e natura. Il pubblico è accolto da un enorme iceberg diviso da una grande crepa, attraverso la quale i visitatori entrano nel percorso espositivo, immergendosi interamente nell’universo dell’Artico. Oggetti storici, documenti, film, diapositive e opere d’arte intrecciano presente e passato, scienza e mitologia, in un racconto poetico sulla storia e sul futuro della regione artica. L’esposizione esalta la genuina creatività delle popolazioni artiche, abituate ad affrontare condizioni climatiche estreme, ancor peggiori a causa dello scioglimento progressivo dei ghiacciai.
Mentre il ghiaccio si sta sciogliendo
Lungo la sezione “Cracks in the ice” (“crepe nel ghiaccio”), l’allestimento cambia gradualmente colore, dal bianco del ghiaccio solido alle tonalità chiare di verde e di blu dell’acqua da disgelo e – infine – al blu scuro delle profondità marine. La sezione successiva è dedicata alla questione abitativa nell’Artico. A causa del maggior rischio di cedimento del ghiaccio, gli abitanti della regione ritengono spesso troppo pericoloso vivere in dimore fisse, preferendo servirsi di abitazioni occasionali quali le tende. Le aree dedicate alle tende sono allestite con ampi tessuti, ispirati alle forme rotonde delle tende artiche, mentre la sezione sulle dimore fisse è stata costruita con il legno, recuperando il motivo dei tetti triangolari tipici delle case islandesi, groenlandesi e siberiane.
La green art di Anastasya Martynova
La sezione successiva affronta il tema della crepa tra l’ambiente e il mondo industrializzato, sempre intento alla famelica e incosciente ricerca di nuove risorse naturali da estrarre. Tale frattura è meno riscontrabile nelle realtà più arretrate, dove l’individuo è indotto ad apprezzare ogni elemento della natura che lo circonda. Gli spazi dedicati allo stile di vita delle popolazioni artiche sono stati allestiti con installazioni in materiali organici come il fieno, arazzi ricamati e sculture di vetro, opere dell’artista Anastasya Martynova. L’ultima parte della mostra affronta il tema dell’estrazione su larga scala delle risorse naturali: il visitatore entra nella sezione attraversando uno spazio molto più buio, che rappresenta un oleodotto.
Un’esperienza immersiva
Il percorso espositivo include anche dieci film documentari (prodotti dallo stesso Nordiska Museet e diretti dalla regista Camilla Andersen), che offrono al visitatore l’opportunità di conoscere gli abitanti di varie località dell’Artico: Qaanaaq in Groenlandia, Vatnajökull in Islanda, Näätämö in Finlandia, Svalbard in Norvegia e Abisko, Arjeplog, Laevas e Nautanen in Svezia. Un complesso sistema di proiezioni, progettato da Jesper Wachtmeister, permette ai visitatori di ammirare gli spettacolari cieli e paesaggi artici, attraverso immagini proiettate sul soffitto del salone d’ingresso del museo.
Rimarginare la crepa
Secondo la visione di studio MUSEEA, la crepa non rappresenta soltanto un simbolo catastrofico, naturale o metaforico. In quanto fenomeno indiscutibilmente grave, la crepa può diventare un motivo di unione e di collaborazione: l’atto stesso di attraversare l’iceberg man mano che “il ghiaccio si sta sciogliendo” ha una valenza catartica, volta a sensibilizzare i visitatori alla questione del riscaldamento globale, a convincerli a “rimarginare” la crepa.
Lorenzo Paglioriti